“Forse l’idea centrale in questo libro così drammatico e dolce, ricco, travolgente, è quella della rifioritura. In queste pagine, il male del mondo scava solchi profondi. Il tono di voce dell’autrice è fermo, risentito: non c’è sentimentalismo di maniera, c’è, sì, la volontà di denuncia, ma prevale la volontà di andare oltre, come la primavera va oltre ogni inverno. Denata Ndreca recupera, cosa che io oggi ritengo necessario per la poesia del XXI secolo, il parlare esplicito, l’invocare, la sostanza morale della parola e del discorso.
(Giuseppe Conte, scrittore e poeta)
“I suoi versi corrono oltre i muri, prima di tutto quelli della mente. Le sue parole incidono la carta, come segni espressionisti. Elementi che si fondono: dai Balcani all’Arno di Firenze. E prende forma un linguaggio altro, crudo, in bianco e nero spesso, a colori talvolta. Ed ora che le frontiere si chiudono, i rifugiati a piedi nudi sulla neve riportano ad Auschwitz e la paura dell’altro deforma gli esseri umani, le poesie di Ndreca, essenziali, precise, graffiano ancora più forte”. (Daniela Morandini, giornalista GR1 RAI Radio 1)