Quando si dice 'ti amo' che cosa si sta intendendo di preciso? E soprattutto chi parla? Il desiderio, l’idealizzazione, la dipendenza, la follia? E come si trasforma la parola “amore”, quando il desiderio si satura, l'idealizzazione delude, la dipendenza si emancipa, la follia si estingue? Tutti quelli che hanno fatto esperienza dell'amore, sanno che esso si nutre di novità, mistero e pericolo ed ha come nemici il tempo, la quotidianità e la familiarità.
La vera natura di Eros la descrive Platone nel Simposio.
Figlio di Poros (Abbondanza) e Penia (Mancanza), egli è il frutto dei due opposti. È orditore di intrighi, dispettoso (al punto che perfino gli dei temono le ferite delle sue frecce) e cercatore indefesso della sophía, per natura paterna. È ispido, duro e mendìco, per natura materna.
Questo dualismo appartiene anche all’uomo che, infatti, si affanna in un'incessante ricerca di ricomposizione, destinata, però, al fallimento. Tale stato di perenne e folle bilico, che è l’Amore, dovrebbe essere condizione naturale dell’essere umano. Invece, nell’era dell’opulenza e dell’abbondanza, la mancanza non si tollera più, e Penia risulta inevitabilmente schiacciata dalla dittatura del possesso ad ogni costo.