C’era una volta un pianeta di cemento, che si chiamava Blocks perché formato solo da blocchi. Erano di tutti i tipi di materiali: di plastica, di vetro, di pietra, di gomma… Da un po’ di tempo, però, quelli fatti di cemento cominciarono ad imporsi, a prevalere su tutto e su tutti. Avevano paura della diversità degli altri, di forme e di colori, loro sempre grigi e compatti parallelepipedi. Così si riunirono in gruppi per isolare gli altri e fare in modo che la diversità diventasse qualcosa di cui vergognarsi. Pian piano riuscirono a controllare tutti gli ambiti pubblici e privati: chi non era di cemento finì fuori da ogni gruppo. Con slogan e rime ottennero il potere nel pianeta. Allora misero in atto il loro progetto di omologazione. S’impossessarono prima di tutto dell’istruzione e della pubblicità. Poi isolarono gli anziani e i dissidenti. Tutti dovevano indossare la loro divisa, seguire le loro norme e frequentare la loro scuola. Blocks perse colori e forme, i superstiti erano davvero pochi. Fra questi c’era un nonno di legno a forma di carro e una famiglia di marmo... Qui c’era un mondo nuovo, in cui la diversità era un principio, in cui il dolore e le sconfitte non erano cancellate, ma parte essenziale di una trasformazione. La sofferenza e la gioia vivevano in equilibrio e solo così ogni blocco poteva raggiungere la sua forma unica e irripetibile.