“È necessario diventare capaci di esprimersi senza violenza, da parte delle Istituzioni tanto quanto da parte dei cittadini, soli o in gruppi (…). Altrimenti succede che proprio il principio primo della nostra Costituzione, il rispetto per la dignità di chiunque, salta”. L’uso spropositato della violenza è uno dei grandi temi di oggi secondo Gherardo Colombo. L’ex giudice, protagonista di importanti inchieste come Mani pulite e quelle sulla Loggia P2, ha lasciato la magistratura per dedicarsi alla promozione dei valori costituzionali e alla diffusione di una cultura della legalità, specialmente tra i giovani.
Con la sua collana di libri per ragazzi - di cui l’ultimo è “Chi è stato? Come diventare cittadini responsabili” (Salani) scritto insieme a Fabio Caon - è passato dalle aule dei tribunali, alle aule di scuola. Qual è il suo principale obiettivo oggi?
Credo sia necessario che i ragazzi imparino a rispettare la Costituzione. Che vuol dire, in altre parole, imparare, tutti quanti, per quel che è possibile, a rispettarsi reciprocamente, ad ascoltarsi reciprocamente.
Diventare cittadini responsabili può significare anche manifestare il proprio dissenso a difesa di alcuni valori. Come commenta e come spiegherebbe ai giovani i fatti di Pisa e Firenze? (Ndr: studenti presi a manganellate dalla polizia, durante le proteste per la fine del massacro a Gaza).
Non ho avuto modo di seguire completamente le due vicende, mi baso su quanto appreso da alcune notizie di stampa. Ho visto alcune immagini di Pisa che mi sembrano piuttosto significative. Le manifestazioni del pensiero attraverso il far sentire la propria voce nelle piazze pacificamente – come mi pare che succedesse a Pisa – andrebbero incoraggiate piuttosto che represse. Mi pare essenziale ragionare sulla finalità dell’educazione: se educare a diventare capaci di scegliere o educare a obbedire. La democrazia richiede la prima via; usare i manganelli è espressione della seconda via.
Proprio i giovani, però, sono arrivati talvolta a proteste estreme, per esempio sui temi ambientali. Come coniugare l’educazione dei ragazzi alla legalità con la loro urgenza di farsi ascoltare?
La violenza deve essere sempre bandita, a mio parere. È necessario diventare capaci di esprimersi senza violenza, da parte delle Istituzioni tanto quanto da parte dei cittadini, soli o in gruppi; anche quando si tratta di manifestazioni giovanili di protesta. Altrimenti succede che proprio il principio primo della nostra Costituzione – il rispetto della dignità di chiunque – salta. Mi sembra chiaro, poi, che se sono le Istituzioni a ricorrere alla violenza, sono proprio le Istituzioni a educare alla violenza.
L’altro tema fondamentale mi sembra quello dell’ascolto…
Assolutamente, i giovani sono ascoltati raramente. Gli adulti non li ascoltano, non sono stati educati ad ascoltare. Se si vuole che i ragazzi rispettino le Istituzioni, le forze dell’ordine, bisogna che questi imparino ad ascoltarli.
Anche perché, forse, pure le nuove generazioni hanno qualcosa da insegnare. Non crede?
Sicuramente! È così sia dal punto d vista tecnologico – loro sono nativi digitali - che dal punto di vista sociale. Loro possono insegnare e possono contemporaneamente darci degli elementi, mi verrebbe da dire degli ‘indizi’, che ci aiutino a entrare positivamente in relazione con loro. Perché se usiamo schemi vecchi non riusciamo ad avvicinarci reciprocamente in modo efficace.
Il suo ultimo libro, “Chi è Stato?”, nasce proprio da domande che le sono state poste dai bambini. C'è mai stata qualche domanda a cui non ha saputo rispondere?
Non me ne viene in mente nessuna. Sa, è raro non saper rispondere a una domanda dopo che per anni ci si confronta con loro su questi temi. Succede molto spesso, però, che le domande abbiano bisogno di una risposta articolata, che non sia semplicemente ‘sì’ o ‘no’. Bisogna sempre tener conto delle sfumature. Credo che sia difficile, quasi impossibile, sbrigarsi con un semplice ‘si’ o ‘no’. La risposta dovrebbe essere quasi sempre ‘Si ma…’. È un po’ quello che fa la nostra Costituzione. Dice ‘Sì ma’. Per esempio, l’articolo 13 nella prima parte dice che la libertà personale è inviolabile. Poi, nella seconda parte aggiunge come può essere violata. Perché i diritti fondamentali propri non possono essere utilizzati per violare i diritti fondamentali altrui.
Questa necessità di approfondimento - di ‘ma’ - si perde oggi nella comunicazione social, basata sulla rapidità di informazione…
La comunicazione social molto difficilmente porta a esporre i motivi per cui si dice una cosa, il che è un limite notevolissimo. Ecco perché preferisco una comunicazione di tipo diverso. I libri, gli incontri in presenza e altri momenti che consentano di esprimersi in modo articolato.