L’essere specializzata in crittografia le ha permesso dal 2009 di collaborare con un tema di media internazionali per l’organizzazione Wikileaks. Per chi non lo sapesse, miei cari lettori, Wikileaks è un organizzazione internazionale senza scopo di lucro nata nel dicembre del 2006. Da allora l’organizzazione ha diffuso, grazie al contribuito di una comunità internazionale coperta dall’anonimato, centinaia di migliaia di documenti protetti dal segreto si stato, segreto industriale, militare o bancario. Stefania Maurizi ha collaborato a stretto contatto con il suo fondatore, Julian Assange al rilascio di diversi documenti secretati: dalla Guerra in Afghanistan (Afghan War Logs), alle schede segrete dei detenuti di Guantanamo (GitmoFiles), allo spionaggio di leader europei da parte della National Security Agency (Nsa). Ha collaborato con il giornalista Glenn Greenwald ai file top secret di Edwaed Snowden e ha guidato la ricerca giornalistica del documentario di inchiesta “Snowden's Great Escape”.
È chiaro quindi che Stefania Maurizi crede nella forza del giornalismo d’inchiesta, ma quello vero.
Nella prima serata - dedicata al panorama internazionale - della XXIII edizione de Il Libro Possibile di Vieste che si terrà sino a sabato 22 luglio 2023, Stefania Maurizi ha presentato il suo libro intitolato Secret Power: WikiLeaks and Its Enemies. Con lei sul palco Kristinn Hrafnsson, colui a cui Julian Assange lasciò le redini nel settembre del 2018.
Si è parlato di libertà di espressione, di libertà di informazione. Si è parlato di potere e di priorità politiche, si è parlato di un diritto sacrosanto: sapere la verità. Juliane Assange rappresenta una sconfitta che tutti noi inconsciamente dobbiamo sopportare. È questo il motivo per cui è così importante conoscere la sua storia. Una storia complessa, piena di coni d’ombra.
Stefania Maurizi lavora sul caso Assange dal 2009. Quattordici anni di lavoro di inchiesta in cui ha lavorato su tutti i documenti segreti di Wikileaks. Ha subito intimidazioni, è stata derubata di file dalla portata inestimabile ed è stata spiata durante i suoi incontri con Julian Assange. Per scoprire la verità sul caso, ha dovuto intraprendere una guerra di trincea che va avanti dal 2015. Rappresentata da sette avvocati, ad oggi si batte contro quattro potenze mondiali: Inghilterra, Stati Uniti, Australia e Svezia. Assieme al suo team, con il suo libro è riuscita non solo, a ricostruire e difendere la verità ma anche a mobilitare l’opinione pubblica su questo caso. Di fatto, il suo grande lavoro sta giocando un ruolo fondamentale nella lotta per la salvezza di Julian Assange e dei suoi colleghi giornalisti. Dall’11 aprile 2019 Assange vive in una cella nel carcere di massima sicurezza Belmarsh di Sua Maestà nel Regno Unito e sta lottando da oltre un decennio contro potenti istituzioni che lo vogliono ammutolire per sempre. Le istituzioni includono quello che il Presidente Eisenhower definì “complesso militare industriale degli Stati Uniti”: il Pentagono, la CIA, la National Security Agency. Il prezzo che sta pagando per aver sfruttato le risorse del mondo cibernetico e per aver violato in maniera sistematica il segreto di Stato, quando questo viene usato non per proteggere la sicurezza e l’incolumità dei cittadini ma per nascondere crimini e garantire l’impunità ai potenti, è molto alto. Vive da dieci anni in stato di prigionia. Dai domiciliari, all’ambasciata ecuadoriana, al carcere. Per usare le parole dell’autrice, Juliane Assange ha contro di sé un leviatano: l’intero complesso militare e d’intelligence degli Stati Uniti e una serie di governi, eserciti, servizi segreti di varie nazioni che non gli hanno perdonato le rivelazioni di WikiLeaks. L’unica protezione in cui può sperare è quella dell’opinione pubblica mondiale.
Qualora Julian Assange venisse estradato negli Stati Uniti per affrontare le conseguenze delle sue accuse, vivrebbe la sua vita in isolamento, in una prigione di massima sicurezza che, si ipotizza, potrebbe essere una delle carceri più estreme degli Stati Uniti, l’ADX Florence in Colorado dove sono incarcerati criminali del calibro di El Chapo. In questo libro, accurato, pungente e travolgente, racconta la storia di una pura vendetta architettata per distruggere un uomo che nel corso della sua vita non ha fatto altro che difendere la libertà d’espressione. Se esiste un giornalismo che merita di essere praticato, è proprio quello che rivela gli abusi del livello più alto del potere
Ken Loach nella prefazione del libro scrive “Questo è un libro che dovrebbe farvi arrabbiare moltissimo. Se crediamo di vivere in una democrazia, dovremmo leggere questo libro. Se ci sta a cuore la verità e una politica onesta, dovremmo leggere questo libro.”
I più razionali ed intransigenti potrebbero sostenere che Julian Assange, avendo compiuto atti illegali attraverso lo spazio cibernetico è giusto che sconti una pena detentiva e su questo potremmo discuterne per ore ma il punto in questo caso è un altro. Cos’è l’illegalità? E perché alcune cose sono illegali e altre no? Cosa le definisce tali? In un sistema viene deliberatamente deciso cosa sia illegale e cosa no. A volte ce lo dimentichiamo. In questo caso l’illegalità delle sue azioni deriva dalla necessità dei poteri forti di nascondere le proprie attività illecite.
A questo punto miei cari lettori vi domando, chi è il vero criminale?
Per dovere di imparzialità nella scrittura, non mi è dato rispondere a questa domanda ma ho tutti gli strumenti necessari per mettervi di fronte alla condizione di riflettere su quale sia il valore della verità. Si, la verità.
Chi è Julian Assange?
Juliane Assange, nato nel 1971 è un giornalista e programmatore informatico di origine australiana. La sua è una figura molto dibattuta su cui ci sarebbe tanto da scrivere. Ciò che possiamo certamente affermare è che Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, ha cambiato per sempre il mondo dell’informazione permettendo al giornalismo d’inchiesta di raggiungere un livello d’indagine mai sperimentato prima. È proprio per questo che è diventato famoso in tutto il mondo ed è oggi considerato un grande nemico da moltissimi governi, per lo più occidentali.
Grande appassionato di informatica, fin dai primi anni 80 è stato uno dei pionieri nell’utilizzo del web per la divulgazione di informazioni ritenute socialmente rilevanti. Un personaggio anarchico e anti sistemico, dopo essere entrato a far parte di un gruppo di hacker, gli International Subversives, è diventato quello che oggi definiremmo “nomade digitale” spostandosi tra diverse città del paese e lavorando come sviluppatore informatico. Già nei primi anni 90 ha iniziato ad affrontare le prime accuse legali legate alla sua attività di hacking su server governativi e stranieri.
Nel 2006, ispirandosi al modello enciclopedico di Wikipedia, Assange ha fondato WikiLeaks. Inizialmente WikiLeaks era strutturata come una wiki: accettava documenti, li analizzava e li pubblicava, chiedendo a chiunque di contribuire a esaminarli e portare avanti un dibattito pubblico su di essi, come fosse una sorta di forum. Non lavorava sistematicamente con i giornalisti, come solo negli anni successivi iniziò a fare. Dopo aver divulgato nei primi anni di attività dell’organizzazione una serie di informazioni riguardati temi come le esecuzioni extra giudiziarie della polizia in Paesi come il Kenya, è salito alla ribalta nel 2010 infliggendo un colpo durissimo all’apparato di sicurezza statunitense. La chiave di volta in quel primo caso fu un certo Bradley Manning, che mentre svolgeva il suo incarico di analista di intelligence durante le operazioni statunitensi in Iraq, ha trafugato centinaia di migliaia di documenti secretati. La notorietà di Assange è cresciuta quando WikiLeaks ha rilasciato una serie di documenti, forniti da Manning, nel contesto del cosiddetto Cablegate. Per semplificare: secondo quanto riportato dalla testata giornalistica Il Post, gli “embassy cables” o “diplomatic cables” sono rapporti ufficiali scritti da funzionari e ambasciatori facenti capo al dipartimento di Stato americano, aventi come oggetto le interazioni tra funzionari americani o tra questi e ambasciatori o funzionari di governi stranieri. Ogni rapporto è contrassegnato da una sigla che indica il grado di riservatezza. Sul sito di Wikileaks è possibile scorrere i file secondo il loro grado di riservatezza, il loro paese d’origine, il loro argomento, eccetera. 15 mila sono “segreti”, 101 mila “confidenziali” e 133 mila “non riservati”. Il paese più trattato – con oltre 15 mila documenti – è l’Iraq. È proprio da qui che inizia la storia raccontata da Stefania Maurizi.
Per concludere, miei cari lettori e per stuzzicare la vostra curiosità su un caso per cui tutti noi dovremmo combattere, vi riporto una piccola parte del suo libro:
Non passò neppure un mese da quando Julian Assange mi aveva contattato per richiamare la mia attenzione su quel report del controspionaggio americano che WikiLeaks divenne un caso mondiale. Il 5 aprile 2010 pubblicò un video segreto dal titolo Collateral Murder, in cui si vedeva un elicottero americano Apache sterminare civili inermi a Baghdad, mentre l’equipaggio rideva. l filmato risaliva al 12 luglio 2007 ed era un file del Pentagono. Le riprese erano state effettuate in tempo reale da uno dei due elicotteri Apache che quel giorno sorvolavano la città a caccia di ribelli, e documentavano la strage senza filtri o censure. Una quindicina di civili – tra cui un apprezzato fotografo di guerra di ventidue anni e il suo assistente e autista di quaranta, che lavoravano entrambi per l’agenzia di stampa internazionale Reuters – erano stati fatti a pezzi da proiettili calibro 30 millimetri in dotazione all’Apache, mentre due bambini iracheni erano stati feriti in modo gravissimo. Il loro padre, alla guida di un furgone, si era fermato per soccorrere l’autista del fotografo della Reuters che giaceva a terra gravemente ferito, ma l’elicottero aveva crivellato di colpi lui e finito il superstite. Solo i due piccoli di cinque e dieci anni, che sedevano nella parte posteriore del veicolo, si erano salvati per miracolo, riportando però ferite molto gravi. A quanto pare, tutto lo spettacolo doveva aver provocato soddisfazione tra l’equipaggio, viste le conversazioni catturate dal video. «All right» diceva uno di loro ridendo, «li ho colpiti.» E ancora: «Guarda quei bastardi morti». Inizialmente le autorità americane avevano dichiarato che quelli uccisi erano guerriglieri e poi che l’attacco era avvenuto nell’ambito di un’operazione di combattimento con forze ostili (…). Due mesi dalla pubblicazione del video Collateral Murder, il 6 giugno 2010 il magazine americano «Wired» rivelò che, in Iraq, un ragazzo statunitense di appena ventidue anni era stato arrestato dopo aver raccontato in chat di essere stato lui ad aver passato a WikiLeaks il video Collateral Murder e altre centinaia di migliaia di documenti segreti del governo Usa. Il ventiduenne si chiamava Bradley Manning ed era un analista dell’intelligence dell’esercito degli Stati Uniti in missione in Iraq.
Julian Assange non è un criminale, Juliane Assange è un giornalista.