Nella serata conclusiva del Festival, l’autore ha presentato con grande professionalità e passione la sua ricostruzione dei fatti attraverso lo sguardo dell’informazione.
Il 16 marzo 1978 Aldo Moro, il Presidente della Democrazia Cristiana venne rapito. In quei mesi anche l’informazione italiana venne sequestrata. Sul caso Moro sono stati versati fiumi di inchiostro ma questo è il primo saggio che ricostruisce la vicenda con una vera e completa documentazione stampa. Rapimento Moro: il giorno in cui finì l’informazione in Italia, raccogliendo l’immediata reazione delle principali testate italiane, ha la forza travolgente dello sguardo all’indietro di chi ha ora l’esperienza, la rassegnazione e la consapevolezza che la democrazia è un organismo debole e delicato di cui i mezzi di comunicazione di massa rappresentano i vasi sanguigni, da quel giorno sempre più a rischio di trombosi. Il rapimento del Presidente Moro rappresenta un tragico evento nella storia dell’Italia. Ha avuto delle importanti conseguenze su tutto il sistema politico italiano e ha finito per generare inevitabilmente un’importante riflessione sull’informazione e sul suo ruolo nella società.
In quel preciso momento storico, i mezzi di comunicazione di massa hanno svolto un ruolo cruciale nell’informare il pubblico e nel gestire la sua reazione. Il dibattito che è nato attorno al ruolo svolto dai media nel raccontare il rapimento di Aldo Moro, è molto ampio. Alcuni sostengono che la modalità attraverso cui i media hanno trattato il rapimento abbia portato ad una sorta di distorsione dell’informazione e abbia generato una sorta di spettacolarizzazione dell’evento, al fine di sfruttare l’opinione pubblica per aumentare gli ascolti.
Al di la di tutte le dinamiche che sono nate attorno a questa vicenda, ciò che ad oggi possiamo affermare è che la discussione sull'informazione e sul ruolo che riveste nella società è in continua evoluzione. La libertà di stampa e l'indipendenza dei media sono valori fondamentali per il funzionamento di una democrazia sana. Il rapimento di Aldo Moro e le sue conseguenze hanno, già ai tempi, sollevato importanti questioni sul modo in cui l'informazione viene gestita e interpretata.
Chi era Aldo Moro e perchè venne rapito?
Aldo Moro è stato un esponente politico di grande rilievo in Italia.
Nato nel 1916 in Puglia, dopo aver conseguito una laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Bari, nonostante la sua grande passione verso il mondo accademico, dagli anni 40 ha dedicato la sua intera vita alla politica. Padre costituente tra i fondatori della Democrazia Cristiana, Moro ha ricoperto diversi incarichi ministeriali e ha svolto un ruolo fondamentale come mediatore nella stabilizzazione politica del paese nel dopoguerra.
Il 16 marzo del 1978 il Parlamento italiano avrebbe dovuto votare la fiducia al quarto governo di Giulio Andreotti, che per la prima volta avrebbe avuto l’appoggio del Partito Comunista Italiano. Quella mattina accade però qualcosa che da tempo si diceva sarebbe accaduta. Quattro uomini, travestititi da assistenti di volo Alitalia, rapirono il Presidente Moro, uccidendo i cinque membri della sua scorta. La notizia del suo rapimento paralizzò l’Italia.
Cinquantacinque giorni dopo il suo sequestro, il cadavere di Aldo Moro fu rinvenuto nel bagagliaio di una Renault 4 rossa il 9 maggio 1978. Aveva undici proiettili nel cuore.
Perché Aldo Moro venne rapito?
Nel primo dei nove comunicati redatti dalle Brigate Rosse in seguito al rapimento si legge: “Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino a oggi il gerarca più autorevole, il teorico e lo stratega indiscusso di questo regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano. Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la Dc è stata artefice nel nostro Paese – dalle politiche sanguinarie degli anni Cinquanta alla svolta del centrosinistra fino ai giorni nostri con l'accordo a sei – ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l'esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste.”
L’obiettivo delle Brigate Rosse appariva, teoricamente, chiaro. Colpire la Democrazia Cristiana. Il loro obiettivo fondamentale era lottare contro l’Italia imperialista e capitalista, frenare la marcia comunista verso le istituzioni e porre le basi per una nuova sinistra italiana. Ricordiamo che ad oggi le Brigate Rosse sono catalogate come un’organizzazione terroristica italiana di estrema sinistra di matrice marxista-leninista. Le versioni di questa storia sono molteplici e in molti casi volutamente poco chiare. Ciò che è possibile affermare, stando ad una serie di dichiarazioni da parte degli stessi brigatisti, è che le Brigate Rosse volevano colpire specificatamente Aldo Moro, poiché, assieme ad Enrico Berlinguer che qualche anno prima aveva proposto alla stessa Democrazia Cristiana una collaborazione di governo, egli sarebbe stato il futuro artefice del famoso Compromesso storico che avrebbe permesso appunto un avvicinamento tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, la cui espressione sarebbe stato il futuro governo Andreotti. Perché quindi non rapire Andreotti? La scorta di cui godeva era troppo ben organizzata, dicevano. Peccato che Andreotti in quegli anni non vivesse propriamente sotto scorta.
A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda. Perché le Brigate Rosse, di stampo marxista leninista avrebbero dovuto rapire l’unico esponente della Democrazia Cristiana che avrebbe voluto un sistema politico più inclusivo nei confronti della sinistra? La risposta che è stata ripetuta come fosse un mantra è sempre la stessa: PCI e BR non sono la stessa cosa. Enrico Berlinguer, colonna portante del Partito Comunista Italiano, con la collaborazione che cercò di realizzare con Aldo Moro, affermò di voler proteggere la democrazia italiana da involuzioni autoritarie e affermava nei suoi interventi pubblici la totale indipendenza dei comunisti italiani dall’Unione Sovietica.
Al di la di tutte le congetture e di tutte le false informazioni che in quegli anni sono state utili al mantenimento del controllo politico sulla democrazia, il 1978 ha dato modo a poteri occulti di manipolare l’opinione pubblica. Non a caso, il Ministro dell’Interno dell’epoca, Francesco Cossiga era affianco da un certo Steve Pieczenik, un “consigliere" proveniente da una delle agenzie di intelligence più rinomate al mondo, la CIA che era stato appositamente inviato in Italia per controllare che la situazione politica italiana non crollasse a picco. È evidente che Aldo Moro non fosse ben visto dagli statunitensi. Mino Pecorelli, giornalista morto anch’egli in circostanze misteriose, scrisse nel 1967 che Aldo Moro sarebbe dovuto essere assassinato da un certo Roberto Podestà nel 1964. Immaginare che Aldo Moro volesse dare autonomia politica all’Italia, per gli Stati Uniti non era accettabile. L’agguato venne perpetuato dai brigatisti, questo è noto, non è però inverosimile ipotizzare che l’operazione terroristica condotta, fosse solo una copertura. Non è un complotto. È un ipotesi. Miei cari lettori, secondo voi perché le brigate rosse, ad oggi catalogata come organizzazione di matrice terroristica di stampo marxista leninista, avrebbero dovuto rapire ed eliminare l’unico personaggio politico che avrebbe voluto realizzare il famoso Compromesso storico? Avrebbe avuto più senso rapire Giulio Andreotti e non Aldo Moro. Non credete? Probabilmente, potremmo desumere che il vero attore che avrebbe voluto azzittire la voce rivoluzionaria di Aldo Moro era dall’altra parte dell’Oceano Pacifico. Erano gli Stati Uniti d’America. Possiamo permetterci di fare questa deduzione?
Non è un caso, Moro.