Biologa e autrice di celebri trasmissioni televisive tra cui Superquark e Ulisse, è da sempre impegnata in un’intensa attività di divulgazione con un obiettivo ben preciso: incentivare il dibattito scientifico.
Alla luce delle nuove sfide che il Pianeta sta attraversando, com’è cambiato il ruolo della divulgazione scientifica?
Io credo che la divulgazione scientifica, in realtà, nel corso degli ultimi anni abbia avuto sempre lo stesso ruolo. Ciò che è cambiato, forse, è la consapevolezza che i cittadini hanno di questo ruolo. Stiamo attraversando crisi che ci costringono a non poter più ignorare il fatto che scienza e tecnologia si ripercuotono nella nostra vita quotidiana.
Questa crescita di attenzione verso le notizie scientifiche - caso eclatante è stato il Coronavirus, poi la crisi climatica e l’intelligenza artificiale - ha incrementato la diffusione di informazioni anche attraverso i nuovi canali social, che spesso tendono alla semplificazione. Vede un rischio in questo?
Il rischio non c’è se si producono contenuti corretti sui nuovi canali. Il compito della divulgazione scientifica è proprio fornire alle persone informazioni adeguate a prendere decisioni consapevoli per quanto riguarda scienza e tecnologia. Questo sta diventando fondamentale. Non possiamo più permetterci di non partecipare, come cittadini, al dibattito su tutta una serie di questioni che implicano questi settori e che ci riguardano direttamente, tutti i giorni. Il moltiplicarsi dei canali di comunicazione è stata una grandissima novità degli ultimi decenni; come ogni nuovo strumento, tali canali possono essere usati per il bene come per il male. Dipende dalle modalità. Questo vale anche per la divulgazione scientifica.
Tra i maggiori fruitori dei social ci sono i giovani. Proprio loro hanno dimostrato una particolare attenzione verso la questione ambientale. Vede un divario generazionale in questo?
Credo che il problema ambientale sgomenti un po’ tutti. La sensazione che si può cogliere è quella che non ci sia nulla da fare. Magari chi è più anziano fatica all’idea di un cambiamento, allora la tentazione è quella di distogliere lo sguardo. I ragazzi non possono permettersi di farlo, perché il mondo che cambia è quello in cui vivranno. Dunque a volte esprimono disperazione, ad esempio quando si incollano a un’opera d’arte. Ferisce vedere un’opera d’arte violata, ma perché non ci ferisce altrettanto il danno al Pianeta? L’arte è parte profonda del nostro essere “umani”, ma il Pianeta lo è del nostro essere “viventi”: perché possiamo sopportare di vederlo danneggiare irreparabilmente? Forse ci pare più facile evitare che qualcuno si incolli a un quadro piuttosto che impedire che venga alterato l’ambiente. Ma non è così, c’è moltissimo che si può fare a tutela del nostro futuro”.